L’insostenibilità dei fiori recisi
Vergogna.. Non ci sono parole…Risposta all’articolo apparso sul magazine Ohga!
Apprendo da una nostra socia l’uscita di questo articolo sul succitato magazine, che invita a non utilizzare i fiori recisi per nessun evento, in quanto non sostenibili.
Nel testo sono presenti delle importanti inesattezze: i fiori sul palco dell’Ariston sono apparsi per l’ultima volta come parte integrante della scenografia durante la conduzione di Raffaella Carrà, senza contare la serata dell’edizione 2021, dove si è tentato di reintrodurli, a nostro avviso, in modo non certo pensato fin dall’inizio per armonizzarli con la scenografia. Inoltre, si ricorda la brutta vicenda delle rose distrutte durante l’esibizione di Blanco.
Con l’Associazione Piante e Fiori d’Italia, di cui ero presidente, e poi con Affi, abbiamo, in accordo con l’amministrazione comunale di Sanremo, ridato slancio ai fiori sul palco fino all’edizione del 2019. Abbiamo coinvolto anche un conduttore per omaggiare gli artisti, tanto che Carlo Conti accettò il nostro invito di volerli regalare anche agli uomini; addirittura Michelle Hunziker scelse il ranuncolo come fiore da apporre sugli abiti di tutti i concorrenti, per farlo diventare un simbolo contro i femminicidi.
Asserire che non si dovrebbero utilizzare fiori per nessun evento è ovviamente lecito, ma definirei chi lo sostiene un "deficiente", proprio nel significato latino del termine, ovvero di “non sapere”.
Ogni attività umana inquina, anche leggere tali articoli su un telefono (le batterie vanno pur ricaricate), ma non per questo diciamo di non farlo – anche se la tentazione viene.
Inoltre, è verissimo che i fiori provenienti dall’estero inquinano di più di quelli coltivati in Italia, ma un giornalista attento e serio, visto che nell’articolo si cita un rapporto del Myplant & Garden, avrebbe dovuto sapere che proprio durante la scorsa edizione della fiera di Milano abbiamo lanciato con Affi (Associazione Floricoltori e Fioristi Italiani) il marchio di certificazione di origine delle produzioni floricole italiane: “Fiori Italiani”.
Non citare tale opportunità di scelta da parte del consumatore mi fa pensare che, con l’articolo, più che fare giornalismo, si volesse attirare attenzione, vista la risonanza mediatica del festival, attaccando un comparto come quello della floricoltura ligure, e italiana in generale.
Cristiano Genovali